Si dice che ci bastino sette secondi per farci un’idea di qualcuno che abbiamo appena incontrato. Con i libri, non è tanto diverso.
Chiunque si imbattesse nella tua opera, poco importa se online o in libreria, non impiegherebbe molto più tempo per decidere se acquistarla o meno. Di solito, l’attenzione si sofferma su due elementi: la trama e l’incipit. Oggi ci concentriamo su quest’ultimo.
L’incipit è la prima impressione che il tuo libro dà di sé, e per questo è fondamentale. Non sprecare quelle poche – ma cruciali! – righe per descrivere quanto sia incantevole il paesaggio o quanto siano magnetici gli occhi del tuo adorato protagonista. Avremo modo di scoprirlo più avanti.
Fai innamorare chi legge
Immagina di essere un Cupido con un’unica freccia da scoccare: la sprecheresti mai? Non credo.
Ti lascio, allora, qualche idea utile per… andare a segno.
• Suscita un’emozione: se riesci a raggiungere la pancia del pubblico (o il suo cuore, dipende), hai già vinto.
• Non spiattellare tutto subito, ma non fare nemmeno l’esatto opposto: nel primo caso, il risultato sarebbe noioso o stordente; nel secondo, troppo criptico e scoraggiante. Insomma, sfrutta i dettagli giusti.
• Spiazza: dai al pubblico qualcosa che non si aspetta e, te lo assicuro, non ti mollerà più.
• Comincia in medias res: catapulta chi legge nel bel mezzo della storia, senza preamboli, tramite un avvenimento specifico o un dialogo.
Il succo del discorso è trovare un modo per intrigare i tuoi potenziali lettori e lettrici. Sperimenta per capire quale sia più congeniale al tuo stile e alla tua opera. Anche se magari non sarà un’impresa facile, ricordati sempre di divertirti.
Impara da chi ci sa fare
Sono certa che ti sia capitato almeno una volta di perdere la testa per un libro già dalle prime righe. La letteratura è ricca di esempi a cui puoi ispirarti, così ho pensato di finire in bellezza, con una carrellata di incipit memorabili. Che le Muse siano con te!
Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa… e la vedeva. È una cosa difficile da capire. Voglio dire… Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi… Eppure c’era sempre uno, uno solo, uno che per primo… la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte… magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni… alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare… e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov’era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava (piano e lentamente): l’America. Poi rimaneva lì, immobile come se avesse dovuto entrare in una fotografia, con la faccia di uno che l’aveva fatta lui, l’America.
Novecento, Alessandro Baricco
Io mi chiamo Bravo e non ho il cazzo.
Questa poteva essere la mia presentazione. Il fatto di andare in giro con un soprannome invece che con un nome vero e proprio non significa niente. Ognuno è quello che è, a prescindere dalle scie burocratiche che si tira appresso come le stelle filanti dopo un veglione di Carnevale. La mia vita non sarebbe cambiata di una virgola, qualunque nome avessi avuto da offrire insieme a una mano da stringere. Niente di più e niente di meno.
Appunti di un venditore di donne, Giorgio Faletti
— Allora che si fa, eh?
C’ero io, cioè Alex, e i miei tre soma, cioè Pete, Georgie, e Bamba, Bamba perché era davvero bamba, e si stava al Korova Milkbar a rovellarci il cardine su come passare la serata, una sera buia fredda bastarda d’inverno, ma asciutta. Il Korova era una sosto di quelli col latte corretto e forse, O fratelli, vi siete scordati di com’erano questi sosti, con le cose che cambiano allampo oggigiorno e tutti che le scordano svelti, e i giornali che nessuno nemmeno li legge.
Arancia meccanica, Anthony Burgess (traduzione di Floriana Bossi)
Si dicono un sacco di cose su come sia annegare, non è vero?
Si dice che sia una morte lenta e sognante. Si dice che ci si veda scorrere davanti, in un lampo, tutta la propria vita prima di scivolare nel nulla oppure nell’altro mondo, anche se in seguito, una volta che fu tutto finito, lei non riuscì a capacitarsi di come qualcuno avesse mai potuto pensare simili cose.
Il diamante dell’harem, Katie Hickman (traduzione di Sara Caraffini)
Era una gioia appiccare il fuoco.
Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite, diverse. Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non si sa quale direttore d’orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia.
Fahrenheit 451, Ray Bradbury (traduzione di Giorgio Monicelli)
Spero che questo post ti abbia dato qualche spunto utile per creare il tuo incipit rubacuori. Ricorda: le prime righe sono fondamentali, perciò è giusto dedicare loro tutto il tempo che serve.
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